LABELS

COMUNICATION (163) FOCUS (169) gallery (25) ICONS (179) MAKING OF (59) PORTFOLIO (691) SOUNDandVISION (34) SPOT (28) TEAM (106) THE SHOW (884) twenty! (24)

ATTENZIONE

PUR NON CONTENDENDO IMMAGINI PARTICOLLARMENTE ESPLICITE, LA VISIONE DI QUESTO BLOG E' COMUNQUE SCONSIGLIATA AI MINORI DI 14 ANNI, PREGATI PERCIO' DI NON PROSEGUIRNE LA CONSULTAZIONE.
NOT PARTICULARLY SUITABLE FOR MINORS

martedì 8 settembre 2015

" Ecco cosa ne penso". Daniele Innocenti su LagunaTrend 2015.


A rischio di suonare auto-celebrativo, per una volta voglio essere io a parlare dello spettacolo che mi pregio di dirigere da 18 anni. E nello specifico, dell'ultima edizione.
Visto che quando lo si fa, lo si fa spesso in modo approssimativo, facendo man bassa di clichè e luoghi comuni, spesso omofobi, sessuofobi, e negli ultimi anni persino razzisti, spesso senza neppure essersi presi il disturbo di assistervi, e visti gli strascichi polemici che ne sono seguiti, inevitabili come il mal di panza dopo una fagiolata, ma stavolta decisamente di grana grossa, voglio per una volta essere io a distogliere l'attenzione, la mia attenzione, dal pittoresco contorno e attenermi a visionare, vagliare, analizzare il lavoro svolto da tutte le parti in commedia.


Arriva il giorno che finalmente mi trovo tra le mani il dvd dello show (che io non ho per forza di cose mai visto, da dietro le quinte), mi siedo e me lo guardo.
E stavolta mi lascio scappare una qualche considerazione. Una considerazione, il sinonimo, che tra l'altro credo di dovere ai molti collaboratori.
Perchè un conto è ideare uno spettacolo, un conto è dirigerlo, tutt'altro conto è vederlo poi filare liscio come l'olio senza aver avuto mai, e sottolineo mai, la possibilità di provarlo anche solo una volta in tempi e spazi reali. Così, buona la prima.

Quando tutte le tante, tantissime, infinitesimali tessere di questa specie di puzzle si fondono in un unico quadro, è chiaro che l'impressione che si ha è quella di aver assistito ad un piccolo miracolo. Dal compiere il quale sono tutt'altro che esenti, appunto, i collaboratori e gli ospiti.
Per questo credo che per una volta LagunaTrend meriti di essere osservata, in qualche modo recensita, proprio da colui che la idea e dirige, ma che proprio per questo motivo ne è il critico più feroce (senza però i clichè..).


Partendo dall'assunto che per un paio di disguidi tecnici mi sono visto costretto a dover riesumare un vecchio lettore dvd di cui non trovo nemmeno più il telecomando, e che mi sono persino impensierito all'idea di non disporre della "prodigiosa" funzione scorrimento veloce, mi sono invece ritrovato a non distogliere l'attenzione neppure un istante da quel bell'equilibrio di maestria, suggestioni, creatività e spontaneità. E ho trovato qualcosa di bello in praticamente ogni singolo frame. E il merito di ciò non posso davvero recriminarlo in esclusiva. Perciò, scusandomi in anticipo per eventuali dimenticanze o omissioni (è stato un spettacolo lungo!), cercherò di esprimermi su qualcosa che mi è piaciuto e perchè.


Gli abiti innanzi tutto. Io credo che, acclarato che i nomi fossero di assoluto rilievo, il lavoro di selezione e vestizione sia stato rimarchevole. Anche per ciò che riguarda i quadri-moda più diurni, più informali. Anzi, azzarderei soprattutto quelli. Va da se che la genialità dell'intuizione di Maurizio Andreuccetti si sia rivelata ad altissimo tasso di spettacolarità (ma mica solo) e che il casual wear extra-lusso ma pur sempre estremamente giovane indossato dai signori più agè, diciamo così, abbia fatto scintille. Ma la media generale era comunque alta. Molto alta. Dalle acconciature, agli accessori, passando per gli outfit veri e propri. Per non parlare del make-up della Capecchi.


E, trattandosi di una sfilata di moda, bene non dimenticarlo, siamo già a metà del guado.
Ho trovato mozzafiato alcuni momenti coreografici. La still-coreography di Patrizia Porti ispirata agli scatti di Gattel era di una bellezza cristallina. E le due versioni non canoniche de "Gli Uccelli" di Franco Battiato che ne hanno fatto da commento sonoro, un bel colpaccio che siamo riusciti a mettere a segno.
E a proposito di Battiato, la versione di "Il vento caldo dell'estate" interpretata da Marta Bertocchi affiancata dal giovane sassofonista partenopeo su strumentazione di Maurizio Amadio, era bella. E bella la nervosissima performance vocale: visivamente quasi un Yazoo di primi 80 (anche se la silhouette di Marta è assai più invidiabile di quella della Moyet). E l'impudicizia con cui la performer letteralmente contava con tanto di labiale le misure per gli attacchi, ha reso il tutto persino più emozionante, più esclusivo.


Perfettamente riusciti i due quadri-moda di apertura, quelli riservati alle acconciature, e quelli che dovevano più di ogni altro evocare il tema della serata: l'inquietudine, l'impazzimento da scirocco che sta riguardando il Mediterraneo. Delicata la spiritualità del rito attorno al fuoco, bella la passionale bramosia delle donne del porto, con i mariti in mare, che quasi annusano la fisicità del pescatore che tesse la rete.


Suggestiva la coreografia dedicata alle luci della Berbabini, con alcune delle modelle ad interpretarla, divertenti i due momenti coreografici "leggeri", quelli latino-caraibici, e inevitabilmente contagiosa la griffatissima coreografia hip hop incorniciata da un Andrea Bastogi in grande spolvero, ad anticipare appunto il nome trending-topic dell'informal orbetellano.
Divertente l'agguato degli atleti dell'U.S.O di cui sono caduto "vittima" per il rito ormai inevitabile del selfie (della preparazione del quale ero realmente inconsapevole), commoventi le lacrime (del tutto inaspettate da parte mia, giuro) di Greta, figlia della grande personalità del teatro di avanguardia Barbara Nativi, naturalmente orbetellana.
Che tra tanta "macchinazione" un paio di imprevisti di sicuro male non fanno.


Efficacissimo il quadro con le modelle che sfilano quasi schivando i colpi dei pugili che le attorniano, con i visual di fondale a sdrammatizzare (scomodando addirittura il compianto ragionier Fantozzi).
E naturalmente, i bambini: spassosi quando lasciati soli in passerella, semplicemente perfetti accanto ai modelli e le modelle adulte (si fa per dire).
E essendo colui che li sottopone al noiosissimo training-portamento, con un pizzico di orgoglio direi voto con lode alle ragazze e ai ragazzi (questi ultimi per la prima volta in dose numericamente ridotta all'indispensabile). Certo che ne preferisco alcune ad altre, certo che tecnicamente qualcuna sta un gradino più in alto di altre, certo che si può fare sempre meglio. Questo lo direbbe qualsiasi allenatore o istruttore. Ma la promozione è piena. Per tutte. E per tutti: da un Ilie che ormai sembra appena uscito da una sfilata della Hamnet a un Giacomo che esordisce senza un filo di emozione, senza un incertezza, perfettamente già rodato e calato nel ruolo (due esempi a caso, ragazzi; non fatemi fare la lista completa: tutti perfetti).


Era il grande esperimento di questa edizione, la grande scommessa: e il binomio Bastogi Fotomobile - Funghi Cantiere 4 credo si sia rivelato una delle carte realmente vincenti. Un affiatamento notevole, il lavoro di uno mai di intralcio all'altro (e il rischio eccome se c'era, trattandosi di luci e proiezioni) e anzi a supporto. Tutto migliorabile, per carità. Ma di sicuro, in questo caso specifico, una partenza col turbo.
Capitolo a parte la musica. Questa è roba mia. E questo è un aspetto di cui vado fiero. Con quella spalla insostituibile di Luciano "Pazienza" Sabatini, credo si sia svolto un gran lavoro. La versione bilingue di "Morirò d'amore" gelava il sangue, nel quadro del pescatore. Al Stewart su tinte mediterranee, un controverso vecchio hit di Led Zeppelin per Bastogi Sport, e la micidiale "Amor Amor" (la difficile reperibilità della quale ci ha comportato una sfilza di incazzature epocali) che rimbombava ironica ed elegante nella bella piazza fustigata ormai da troppo tempo da strutture e sovrastrutture antiestetiche, mentre sulla passerella si veleggiava in alto mare con Mistral, la versione di Ranieri de 'A rumba de' scugnizzi (un capolavoro), i momenti a mio avviso di maggior efficacia. E che ripeto, mi hanno fatto sussurrare tra i denti: good job, Innocenti.

Se quest'anno la presenza delle "signore" ha goduto di minor effetto sopresa rivelandosi comunque sempre efficacissima e degna del "gran finale", è stata invece una vera sorpresa la performance di Yassine alle prese con (spero di non sbagliare di troppo) un'invocazione alla preghiera in lingua araba. Confesso che durante una sessione prova, io e lui da soli, mi sono spostato in un altra stanza, per sentirlo echeggiare da più lontano per un effetto minareto quanto più verosimile, ritrovandomi con i brividi addosso si per la bellezza del momento ma anche per il  timore di qualche reazione scomposta. Soprattutto di questi tempi di intolleranza becera e soprattutto dopo oltre due ore suonate di spettacolo, al quale la stragrande maggioranza del pubblico assiste in piedi. Quando dal backstage ho distintamente avvertito la religiosità del silenzio che avvolgeva la performance, ho veramente avuto la conferma che avevamo appena portato a casa anche il momento più difficile, più challenging dell'intera serata. E che perciò il pubblico era stato decisamente dalla nostra parte. Anche stavolta.
Per le considerazioni che mi sono preso la libertà di esprimere in questa sede e in questi termini, spero sia chiaro a tutti che il mio grazie a collaboratori, ospiti e pubblico orbetellano è sentito, non di rito, e incondizionato.
Perciò alla prossima.

                                                                                                      Daniele Innocenti


Nessun commento:

Posta un commento